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LA REDAZIONE | 07 luglio 2016 | 09.48

Facciamo pace nella nostra città!

Venerdì 1 luglio a Perugia la riunione della Presidenza Nazionale in vista della Marcia PerugiAssisi e del trentennale del del Coordinamento Nazionale Enti Locali per la Pace

Di Piero Piraccini

Prima erano i comuni denuclearizzati. In fondo erano passati solo 17 anni da Hiroshima, e Cuba - era il 1962 - con i missili USA schierati davanti alle sue coste, ammoniva il mondo intero: quello che è successo può risuccedere, l'olocausto nucleare è ancora fra le cose possibili. Così in molte strade italiane si cominciò a leggere il cartello: "Comune denuclearizzato".

Poi quegli enti locali, in un clima storico profondamente cambiato, ripensarono al loro ruolo e mutarono il loro stato da comuni volontari a comuni strutturati nella difesa della pace.

Nascono gli Enti Locali per la Pace e i diritti Umani essendo l'una (la Pace) indissolubilmente legata agli altri (i Diritti Umani).

Non c'era più Giorgio La Pira (un sindaco non può scegliere fra le lampadine che illuminano bene le strade della sua città, e la pace), c'era ancora Ernesto Balducci (la città da salvare è il pianeta terra perchè l'imperativo morale della pace coincide con l'istinto di conservazione). Era il 12 ottobre 1986.

La diplomazia delle città e il loro ruolo per la costruzione della pace sarebbero stati poi riconosciuti dall'ONU e dall'Europa. La nostra Costituzione già lo diceva, perché l'Italia che ripudia la guerra non è sola quella rappresentata in parlamento, è anche quella dei comuni, delle province, delle regioni.

Partendo da questo spirito si è tenuto a Perugia, la scorsa settimana, l'incontro della Presidenza del Coordinamento degli enti Locali per la Pace e i Diritti Umani, in un momento difficile, in uno dei tanti momenti difficili per l'Italia e per il mondo, in tempi nei quali l'indifferenza e il senso d'impotenza tarpano le ali di un sempre maggior numero di persone operanti nella società e nelle istituzioni.

Che si chiedono - come dice l'appello della prossima marcia - se sia conveniente, sicuro, popolare esporsi contro le violenze e le miserie che annichiliscono tanti luoghi del nostro pianeta terra e tolgono il futuro alle nuove generazioni (e il presente a milioni di persone). Ma con altrettanta forza è la nostra coscienza a chiederci se, invece, non sia giusto farlo e, quindi, decidere se essere parte del problema o della sua soluzione.

Per questo si è detto che la prossima Marcia del 9 ottobre dovrà investire coi e nei giovani, che questo dovrà essere l'asse principale del nostro lavoro: chiedendo loro di fare la propria parte e offrendo ogni opportunità, legando il lavoro svolto nelle scuole con il ruolo che ogni Comune esercita nella propria città, facendo diventare le une e gli altri protagonisti della marcia durante la quale ognuno mostrerà il compito che avrà fino allora svolto nel proprio ambito. Perché non sarà una marcia per la pace ma per evidenziare i percorsi di pace già in atto. 

E, si è detto, il pensiero politico che dovrà guidare gli enti locali sarà il "glocale", l'obbligo cioè di legare il globale col locale, il là (il luogo della radice dei problemi) con il qui (oggi, l'accoglienza), la necessità di unire le politiche di lotta alle povertà di casa nostra con le povertà delle periferie del mondo. E' la pace a chilometro zero.

A Zugliano, in settembre, i trent'anni degli Enti Locali per la Pace e i Diritti Umani saranno celebrati in una giornata di riflessione per capire cos'è la pace nelle nostre città, quale legame esiste fra le stesse città e gli obiettivi dell'ONU sullo sviluppo sostenibile, cosa ogni città può fare per fermare le guerre.

All'incontro di Perugia erano presenti, fra gli altri, tre donne rappresentanti del comune di Savignano sul Rubicone: una consigliera e due assessore. Un bel record, indubbiamente. Una continuità con l'assemblea pubblica svolta nella stessa città lo scorso mese, imperniata sull'accoglienza ai profughi. Un buon segnale per la prossima marcia (e una sveglia per gli amministratori distratti).